Separazione e adozione

Quando una coppia di genitori adottivi si separa porta con sé una specificità che va riconosciuta e che chiede di essere accolta con uno sguardo ampio e “sistemico”.

di Chiara Italia

Se separarsi non è facile, lo è ancora meno se la coppia genitoriale è anche una coppia di genitori adottivi. E dall’osservatorio del CTA emerge che la richiesta di aiuto da parte di coppie genitoriali adottive alle prese con la decisione di separarsi è in crescita. Ma quali sono queste specificità? Cosa fare e a chi rivolgersi? Ne abbiamo parlato con la dottoressa Irene Ratti, psicoterapeuta e mediatrice familiare al CTA, Centro di Terapia dell’Adolescenza, che da anni segue le famiglie adottive e in separazione.

Dott.ssa Ratti, che tipo di considerazioni si possono fare quando a separarsi è una coppia di genitori adottivi?

Innanzitutto per i genitori adottivi la separazione è un momento personale difficile, perché sentono di avere un importante “incarico” relativamente ai propri figli e per questo si sentono socialmente giudicati. Oltre ai comuni sensi di colpa che i genitori provano rispetto ai propri figli. Hanno paura di recar loro una ferita maggiore,… Questi sentimenti in conflitto possono rappresentare un ostacolo alla nuova riorganizzazione della separazione.

Di contro, anche i figli adottivi si sentono maggiormente in colpa per la separazione dei genitori perché, purtroppo, sono spesso gli stessi genitori a dire che la crisi è cominciata con l’adozione. Ecco perché diciamo che la separazione funziona, nel figlio, come un “riattivatore traumatico”.

C’è quindi una correlazione tra i due ambiti, adozione e separazione?

Non vi sono regole, ovviamente, ma un dato interessante è che nelle coppie in cui il processo di adozione è vissuto come fattore stressante, vi è maggiore probabilità di una separazione futura: la coppia non riesce ad affrontare le difficoltà in un modo funzionale e mette in atto strategie che arrecano più problematiche, invece di affrontare insieme attraverso vie più sicure le diverse fasi dell’adozione.

Possiamo quindi dire che coppia adottiva è esposta a rischi più elevati?

Sì, perché l’adozione è un progetto comune di genitorialità in cui vengono messe tutte le proprie risorse ed energie, e questo diventa un fattore di rischio per la coppia. In più nell’adozione ci si trova a confronto con bambini che arrivano spesso da storie traumatiche, e in questo progetto di genitorialità c’è ancora meno spazio per la coppia, che fatica a darsi un supporto reciproco: tutti i bisogni si spostano sull’adozione, anche a livello sociale.

Quali sono i fattori di rischio maggiori?

Il percorso dell’adozione attraversa varie fasi nelle quali possiamo individuare numerosi fattori di rischio per la stabilità della coppia. Qui ne accenniamo solo alcuni, ma in una prossima occasione li analizzeremo in maniera completa. Innanzitutto la perdita di una genitorialità biologica da elaborare ed eventuali tentativi di fecondazione assistita fanno emergere aspetti di non funzionalità nella coppia che possono amplificarne le criticità. Un secondo fattore di rischio elevato è sicuramente un percorso adottivo “a basso funzionamento” , cioè che ha visto maggiori criticità, come a dire che le difficoltà dell’adozione amplificano le carenze e le problematiche già presenti nella coppia. Viceversa le coppie adottive che si separano affrontano meglio questo evento se il percorso adottivo è stato ad “alto funzionamento”, quindi se ci sono più risorse anche nel percorso adottivo.

Parliamo della separazione dal punto di vista del figlio adottato: cosa accade da un punto di vista relazionale e dell’attaccamento?

Noi sappiamo che per tutte le famiglie la separazione porta con sé dei sentimenti di sofferenza, viene vissuta come una perdita e questo diventa un fattore di rischio importante nelle famiglie dove c’è un’adozione, perché i figli arrivano già con delle ferite legate all’abbandono. Quindi la separazione diventa un fattore di rischio laddove non sia stata elaborata bene la storia adottiva, la ferita dell’abbandono e della perdita. I bambini portano con sé storie traumatiche che spesso non sono ancora riusciti a elaborare perché il processo di metabolizzazione della storia adottiva dura tutta la vita. Laddove avvenga una separazione, questo processo è ancora più amplificato e i genitori sono chiamati a essere ancora più presenti in un momento che è già di per sè molto difficile per loro. E per i bambini o adolescenti adottivi può diventare una fase ancora più critica.

Quando i genitori adottivi si separano, cosa succede ai figli? Vi sono età più esposte?

Potremmo dire che più piccoli sono i figli, meno risorse hanno per adattarsi alla nuova situazione di separazione. Ma più che all’età, il fattore di rischio è maggiormente correlato alle storie che i bambini si portano dietro. Più traumi hanno vissuto, più faranno fatica ad adattarsi ai cambiamenti che la separazione dei genitori comporta.

Vi sono fattori di protezione per le coppie adottive che si separano?

Sicuramente una coppia adottiva che viene seguita nel percorso di adozione ha maggiori probabilità di riconoscere tempestivamente le difficoltà e di essere aiutata ad affrontarle. Rispetto all’evento della separazione è importante lavorare su un’apertura comunicativa all’interno dell’interno nucleo familiare, sia tra genitori che tra genitori e figli. Mi riferisco ad esempio alla creazione di una narrazione dell’evento separativo, all’individuazione delle fasi critiche dell’esperienza genitoriale, a partire dalla perdita della genitorialità biologica, e alle risorse messe in campo per elaborare l’esperienza genitoriale. Altro fattore di protezione è il fatto che queste coppie chiedano spesso aiuto, che si confrontino con altre famiglie che vivono esperienze analoghe. Far parte di un gruppo di genitori adottivi che vivono difficoltà e conflitti di coppia potrebbe sicuramente aiutare ad affrontare meglio la situazione.

Nella stanza della mediazione familiare, quali sono quindi le competenze richieste per poter aiutare queste famiglie?

È importantissimo in primis saper valutare qual è il rischio evolutivo per i figli adottivi, perché uno dei compiti del mediatore familiare è capire bene quali siano i bisogni reali dei figli e ancora di più dei figli che hanno una storia adottiva con alle spalle ferite relazionali importanti. Bisogna essere molto preparati rispetto alle ferite che si riattivano, e individuare chiaramente i bisogni specifici a cui i genitori devono rispondere. Bisogna evidenziare le rappresentazioni che questi bambini con storie difficili riportano nella famiglia adottiva, e come queste rappresentazioni influenzino e ostacolino l’elaborazione della separazione. Per avere questo sguardo ampio e “sistemico”, si richiedono competenze di mediazione familiare inserite nel contesto adottivo.

Per chi desidera conoscere come lavora il servizio di mediazione dei conflitti familiari e di sostegno alle separazioni di CTA può cliccare questo link https://www.centrocta.it/mediazione/

Per chi desidera approfondire il tema dell’articolo, a breve verrà proposto un webinar su questo tema condotto dalla dott.ssa Irene Ratti e dal dott. Francesco Vadilonga. Tenetevi aggiornati!