Cristina Meloni è psicologa, psicoterapeuta formata dalla scuola di specializzazione I.R.I.S., esperta in criminologia clinica e psicologia giuridica, irettore Activityclub di Piacenza e Presidente Ass.Tutela. Le abbiamo chiesto di raccontarci l’indagine esplorativa che ha svolto in questi mesi sul funzionamento emotivo-adattivo dei bambini dai 4 ai 10 anni durante il Covid19.

 

Come è nata l’idea di questo studio?

Se devo essere sincera, inizialmente tutto è nato dall’angoscia che provavo al suono continuo delle sirene delle ambulanze. Io abito a Piacenza, la città col più alto numero di morti da covid-19 in rapporto al numero degli abitanti, come è emerso dal recente studio condotto dall’Università San Raffaele di Milano. Abbiamo vissuto un periodo devastante, in particolare una settimana di fine marzo terribile, in cui il numero medio dei morti arrivava a 30 al giorno. Prendendo come riferimento il mio stato d’animo e i miei strumenti, ho riflettuto da un lato sui genitori a casa con le loro emozioni e preoccupazioni oltre che con l’organizzazione tra smart working e didattica a distanza, e dall’altro sui loro figli ormai ‘fuori dal mondo’ da quasi due mesi. Come da sempre faccio con la mia professione, non volevo tralasciare i bisogni dei bambini che spesso non hanno voce ed ho provato ad accendere un faro sulle loro paure e sugli effetti di questo ‘fermo obbligatorio’ in una cornice così sofferente.

Poi l’indagine, nello specifico, nasce dalla curiosità che da sempre accompagna il mio studio del comportamento umano oltre che dalla voglia di conoscere e, occupandomi di traumi, non potevo non pensare che ciò che ci stava colpendo è un trauma che nei libri e nelle formazioni non si trova. Tutti stavamo subendo delle perdite ed ho pensato come quel periodo potesse influire sui bambini che comunque vivono una fase di vita molto importante per la strutturazione della personalità. Anche perché, i bambini, sappiamo bene che assorbono tutto e la casa della quarantena rappresenta solo una campana di vetro trasparente e non insonorizzata in termini di emozioni.

Ho visto i risultati interessanti della stessa indagine svolta a marzo in Sardegna avviata dall’Ifos con cui avevo preso il mio primo Master e, dopo aver contattato il Direttore, Dott. Pisano, ho proposto di verificarli nella mia città adottiva molto più colpita dal virus così poi da strutturare un aiuto clinico e formativo successivo migliore ed infatti ha fatto già seguito un primo webinar online.

 

Ci vuoi raccontare l’indagine oggetto di pubblicazione?

Come accennato, dopo la prima indagine esplorativa di marzo rivolta ai genitori di bambini residenti in Sardegna, una delle regioni meno colpite dagli effetti della pandemia, la seconda si è indirizzata ad aprile ai genitori di bambini della stessa fascia di età (4-10 anni) ma residenti nelle quattro province del nord Italia più colpite dai decessi (Piacenza, Bergamo, Lodi, Cremona).

Ai genitori è stato chiesto di rispondere alle domande contenute in un questionario creato ad-hoc da Ifos e composto di 12 domande relative alle risposte dei bambini allo stress e a situazioni potenzialmente traumatiche.

Il link per accedere al questionario online, costruito tramite i moduli di drive.google, è stato inoltrato via email e whatsapp a liste di genitori e poi pubblicato sulla mia pagina facebook. E’ rimasto attivo 8 giorni e l’analisi della distribuzione del campione ha permesso di ammettere 1399 questionari su circa 1800 compilazioni.

Nonostante l’indagine presenti dei limiti per quanto riguarda la significatività statistica, offre sicuramente comunque uno spaccato interessante della situazione attuale e risulta utile per fornire alle famiglie spunti di riflessione per la tutela dei bambini.  

 

Cosa è emerso di interessante da questo studio?

Dall’analisi dei dati è emerso che secondo i genitori circa un bambino su tre (33,95%) ha manifestato il sintomo regressivo della richiesta di vicinanza fisica ai genitori durante la notte e paure che prima non aveva mai avuto. Più della metà dei bambini (68,41%) ha manifestato maggiore irritabilità, intolleranza alle regole, capricci e richieste eccessive, e circa uno su tre cambiamenti di umore (36,60%), problemi del sonno tra cui difficoltà di addormentamento, agitazione e frequenti risvegli (28,66%) ma anche nervosismo nei confronti della pandemia quando in casa o in TV si parla del coronavirus oppure per via delle restrizioni (38,38%).
Secondo l’opinione dei genitori, un bambino su cinque (18,58%) è sembrato più calmo e tranquillo e uno su tre (37,24%) più riflessivo. Quasi tutti (90,06%) sono sembrati in grado di adattarsi alle restrizioni determinate dalla pandemia anche se uno su due (61,40%) è apparso maggiormente svogliato rispetto alle attività che svolgeva prima della pandemia tra cui giocare, studiare, riordinare i giochi.

Possiamo però ipotizzare che i comportamenti di iper-adattamento possano essere connessi ad un tentativo di “normalizzazione”, ‘’evitamento’’ e ‘’negazione’’ (sia del bambino che del genitore), ovviamente inconsapevole. Questa rimane comunque un’ipotesi non verificabile attraverso i dati raccolti in questo contributo.

Ulteriormente interessante, seppur non statisticamente verificabile in termini longitudinali e scientifici, è che si tratta di percentuali più alte rispetto a quelle rilevate a marzo nell’indagine sarda e ciò potrebbe far pensare che non solo il contesto, ma anche l’aumento dei giorni in casa ha inevitabilmente aumentato le risposte emotivo-comportamentali problematiche.

Alla luce anche di quanto emerso, qual è il tuo punto di vista sulla situazione dei bambini in questa pandemia?

Penso che dal Miur e dal governo ci sia stata poca attenzione. Ciò che i nostri studi ci hanno insegnato è che si cresce in relazione e si apprende in interazione.

Per non parlare dei bisogni motori, cognitivi, sociali, di autonomia dei bambini che appaiono alterati con la quarantena e di genitori lasciati soli in enorme difficoltà su più fronti. I bambini hanno dei processi di crescita e apprendimento che sono collegati a contesti ben specifici. Anche se ci sembrano tranquilli perché magari messi davanti a un monitor per ore, i bambini possono subire dei danni che devono essere presi in considerazione come i danni del virus, perché altrimenti si torna a Cartesio e proteggiamo il corpo tenendo in disparte la psyche senza considerarla.

Anche dai dati del CNR è emerso che nei minori di anni 12 il distanziamento ha prodotto un disagio psicologico, dovuto al distacco da amici (65%) e nonni (48%) e un rilevante abuso di internet a scopo di gioco e comunicazione e scuola (33% e 19%). Cioè, a parer mio, ciò sta a significare che stiamo accettando una dipendenza pur di metterli in comunicazione con i pari. Con tutte le problematiche nel mondo online in aumento come rilevate dalla polizia postale.

Problema a cui va aggiunto il disagio dei genitori e lo stress messo in luce anche dal nostro ordine.

E proviamo a pensarci: più aumentano le preoccupazioni tanto meno riusciamo a tenere l’equilibrio con cui abbiamo protetto i nostri minori.

Inoltre, ritenuta giusta la chiusura delle scuole agli inizi della pandemia e col picco massimo, siamo veramente sicuri che per combattere il covid bisogna prevedere ancora la chiusura delle scuole o la frequenza a settimane alterne? È l’unico strumento possibile?

Sicuramente qualcuno mi insulterà se auspico un ritorno a scuola e nei centri di aggregazione, però bisogna costruire strade alternative perché non ci sarà mai la sicurezza totale. Negare l’apprendimento e la relazione ai bambini significa garantire loro minori possibilità per il futuro in termini di salute mentale e autonomie personali oltre che economiche.

Come ha scritto l’Oms il 12 marzo, bisogna trovare un equilibrio tra protezione della salute, prevenzione delle perturbazioni economiche e sociali e rispetto dei diritti umani.

 

Cerniglia, Luca; Pisano, Luca; Meloni, Cristina (2020): An exploratory survey on the emotional-adaptive functioning of children aged 4 to 10 years during Covid-19: the opinion of 1399 parents living in the Italian provinces of Piacenza, Bergamo, Lodi and Cremona. https://doi.org/10.6084/m9.figshare.12240575.v1